I sonnambuli del
Partito Democratico.
Quello del Partito Democratico è un progetto inerziale,
la Regalskeppet Vasa
della politica italiana, come la sfortunata nave svedese sulla carta è il più
armato e meglio equipaggiato vascello. Michele Salvati lancia l’idea in un articolo
del 2003 in cui la terza parola è “vincere”. E di seguito chiama alla
liquidazione ed espulsione della componente di sinistra “non moderata”, ovvero
non intenzionata a “competere al centro” degli allora DS. Il progetto non
mancava di chiarezza, ma era in ritardo. Di
almeno dieci anni. Poi ci vorranno ancora quattro anni, ed infine avrà un
sapore da tardo riverbero in uno specchio appannato: un contenitore senza
forma, post-ideologico solo perché pieno di una sola ideologia, quella totalitaria
mercatista; una cosa programmaticamente senza cultura politica. Totalitario, in
questo simile al progetto del Partito della Nazione di Matteo Renzi, che ne è
logico completamento; perché senza una propria visione e senza una “parte”, è
solo un moto adattivo, orientato ad una stretta amministrazione di interessi
che si pensano compiutamente espressi nel linguaggio monocorde dell’economia.
Vasa |
Solo interessi, dunque. Questa nave che viene varata
contemporaneamente all’avvio del turning point (peraltro già ben visibile da
anni) che gli toglie letteralmente il terreno sotto i suoi piedi, il 14 ottobre
2007, provoca l’immediata fine del Governo Prodi e la seguente sconfitta.
Lontano dal “vincere” provoca, cioè, il maggiore successo della controparte. Si
ripresenta dopo qualche anno con la faccia di Monti, che è appoggiato “senza se
e senza ma”, e insediato da uno dei suoi padri; e poi con la tragicommedia di
Bersani. Quindi sembra prendere una raffica di vento con le Europee del 2014,
ma gli è fatale. Troppo carica di decorazioni e troppo inadatta a navigare, si
ribalta subito a meno di un miglio dal varo.
Questo progetto da sonnambuli avrebbe avuto senso
solo se la società (che non è mai citata da Salvati) fosse stata quella
immaginata da Inglehart
dieci anni prima, le cui conseguenze politiche sono tratte da Giddens in tre
libri del 1991,
1994
e 1998.
Se fosse davvero finita la storia e con essa la società stratificata, divenuta
un semolino post-materialista di individui benestanti e soddisfatti,
autocentrati ed edonisti.
Non è probabilmente mai stata così, e per certo oggi non si sente così. Il “centro”,
luogo mitico della pura amministrazione di semplici interessi, si fa vuoto in
tutto l’occidente. C’era chi
lo aveva visto negli stessi anni in cui Giddens produceva i suoi deliri, e
francamente aveva anche molta più credibilità, ma non si ascolta chi vuole
svegliarti (come nel 2003 tenterà
anche Colin Crouch).
Comunque oggi
il tempo delle scorciatoie maggioritarie, il cui significato tecnico affondava
in questa sostanziale indifferenza del vincitore, cioè nella completa omologia
della “parte” rappresentata (nella sua auto definizione come “totalità” senza
alternative, né resti significativi) dai due possibili vincitori è finita. Quello
che alla fine sembrava un puro scambio di élite politiche senza autentiche
differenze, questione solo di “vincere” o di “perdere”, in quanto dotate più o
meno della stessa cultura e soprattutto lo stesso riferimento sociale, il
mitico “centro” (ovvero il semolino post-moderno), è diventato rischio di
rivolgimento radicale. Invece di cambiare come si cambia un CDA in un’azienda,
che continua la sua strada, determinata dalla sua logica aziendale, dal mercato
esterno, e dalle tecniche, ci troviamo ogni volta sull’orlo di ribaltamenti. Di
un’alternanza tra reciprocamente estranei che vedono nell’altro un “barbaro”. Sono
tornate, in altre parole, le “parti”, ma non abbiamo più i “partiti”.
È infatti la scorciatoia maggioritaria, che
trasforma minoranze qualificate in maggioranze artificiali, in questo non
pensato scenario sociale (simile peraltro a quello che vide la soluzione
proporzionale e costituzionale del dopoguerra), che ora trasforma, sotto gli
occhi stropicciati dei sonnambuli, la strada pacifica immaginata nel sentiero
della guerra civile. Dell’inferno.
Ma, come si vede in queste ore, i sonnambuli ancora
dormono. Non è nella loro natura?
L’enigma del
Movimento 5 Stelle.
E’ di poco più di un quinquennio successivo alle
idee di Salvati e di soli due anni successivo al varo della nave del PD, ma il
vascello del Movimento 5 Stelle è una
agile barca corsara. Anzi una flottiglia, ben adatta a questo mare fattosi
infido. Scandagliare la sua cultura politica in formazione è particolarmente
difficile. Osservarlo dall’esterno fa intuire che il nuovo secolo, pur nella
ripresa dello scontro sociale che si profila imponente, non avrà le forme
politiche del vecchio.
La diagonalità assorbente del 5S organizza linee di
conflitto coerenti con il linguaggio ed il sentimento che trova
già pronte per l’uso. Con la controdemocrazia
è la centralità della sfiducia e della sorveglianza che dominano i ceti
intermedi, traditi ed abbandonati, o sconcertati e spaventati, non sanno
neppure bene da cosa. Abbastanza acculturati da immaginare che ci sia uno
schema, ma orfani dei quadri, finanche dei facili finalismi che organizzavano l’universalismo
ingenuo dei padri e dei nonni, la maggior parte dei militanti ed elettori di un
movimento che conta su un bacino potenziale tra un quarto e qualcosa che si
avvicina al terzo abbondante del corpo elettorale attivo e che può essere
identificato quindi come maggioranza relativa, è orientato ad una sorta di
tecno-anarchia paradossalmente protettiva. Il Movimento mostra insieme una
sorta di franchising di contenitori familiari solidaristici, di comunità
difensive e tendenzialmente chiuse, con una retorica ed esperimenti di
post-democrazia (rappresentativa) la cui logica radicale andrebbe guardata con
più attenzione ed interesse (qualcuno che tenta è Nadia
Urbinati).
La strana flottiglia naviga verso acque sconosciute,
e non è detto reggerà alla furia dei marosi ed ai molti scogli affioranti, ma
lo fa in modo non privo di una sua logica.
Una spugna mimetica che troverà una sua forma,
forse.
La bandiera di
Forza Italia
Se il PD è il Vasa ed il M5S la flottiglia pirata
della politica italiana, la rediviva Forza Italia mi pare assomigli al fantasma
della Compagnia
delle Indie Olandesi, che ha dominato un secolo irrimediabilmente
trascorso. È stata una sorpresa dirompente, rispetto alla flotta reale lenta ed
impacciata che gli si è contrapposta. La sua logica purissima, strettamente
commerciale, ha determinato un’epoca.
Tuttavia anche lei, ora, non tiene il mare. Forza Italia è stato un movimento commerciale,
governato con logica padronale seguendo l’istinto del suo leader che alla fine
è stato, ed è ancora, l’unica possibile bandiera. Forza Italia è una bandiera.
Dietro questa si sono organizzate forze disparate,
orfani di molte battaglie, ex tutto, che negli anni novanta hanno prima di
tutti scommesso nella fine del novecento politico. E per un poco hanno avuto
ragione. Ma come gli olandesi, inseguendo la loro pura logica commerciale, non
hanno posto basi territoriali solide. Forse come loro non ne avevano neppure le
forze, ma di certo non ne avevano il desiderio.
Cosa accade ad un Partito non-Partito,
post-ideologico e post-moderno, quando la non-società si ripolarizza su linee
materialiste? Scivola nella marginalità.
Le basi di potere “reale” del leader sono ancora
sostanzialmente intatte, ma le forze declinano, e gli anni novanta sono finiti.
Le flottiglie pirata sono alle porte.
È forse il tempo di riporre la bandiera. Ma non è
chiaro dove.
Il pozzo della
lega Nord.
L’altro pirata della politica degli anni novanta è
la Lega Nord; la data è 1997, a tratti è sembrato un corsaro, catturato dalla
bandiera della flotta commerciale, arruolato nella guerra di corsa di quest’ultima,
anche quando gli intenti divergevano. La lega Nord ha però una lunga storia,
certamente la più lunga, ed è figlia legittima del post-fordismo nelle sue
componenti che ottengono i primi successi elettorali già nei primi anni
ottanta. Cioè di quel movimento che tra gli ultimi settanta ed i primi ottanta
ha attraversato come un ciclone il nord industrializzato da Est a Ovest. Creando
un insediamento diffuso e molecolare, un’accresciuta pressione sulle vite
stesse delle persone, obbligate a correre da sole attraverso ostacoli sempre
più alti. È la figlia della “società del
rischio” preconizzata in quegli anni da Beck
e da Bauman, tra gli altri.
L’insediamento reattivo e strettamente territoriale della
Lega Nord, l’esatto opposto della flotta commerciale a tratti alleata ed anche
della flottiglia pirata, è un effetto secondario inconsapevole del neoliberismo
imperante. Una reazione alla sua forza sradicante, ed è abbastanza
coscientemente una forza anti-modernista.
Scava pozzi, che
a volte avvelena, per ritrovare
mitiche acque pure che non sono mai esistite; crea nuove socialità fatte di
comunità larghe, cementate da nemici immaginari e mitici. Esercita concretezza
nella sua rivolta fiscale e demagogia nella protezione di ogni piccolo abuso
(come nel caso delle “quote latte”) purché fatto “dai suoi”.
Recentemente ha scelto di parlare della “nazione”,
proprio lei, che nel regionalismo europeo starebbe bene, ma sta male nella
parte del “terrone” sfruttatore che i nordici veri vogliono disegnargli.
Scavando pozzi, si può scoprire infatti che altri li
fanno più profondi.
Nessun commento:
Posta un commento